Le imprese artigiane, e le associazioni di categoria come Confartigianato, sono e saranno in prima linea nel favorire una vera inclusione lavorativa dei migranti, trasformando una sfida demografica in un’opportunità per il futuro dell’Italia. Perché un percorso di integrazione, se ben gestito, non solo aiuta a risolvere la mancanza di personale di cui le imprese soffrono, ma arricchisce anche il tessuto imprenditoriale con nuove competenze e prospettive.
È il messaggio lanciato, lunedì 28 ottobre, dalla 79^ Assemblea Pubblica di Confartigianato Imprese Bergamo che si è tenuta presso il Teatro Donizetti (in una gremita Sala della Musica “Tremaglia”), alla presenza del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli.
L’Assemblea, dal titolo “DIVERSITÀ DI SVILUPPO. L’impatto dell’inclusione nelle PMI italiane”, si è focalizzata su un tema di grande rilevanza: l’inclusione dei lavoratori stranieri nelle imprese artigiane e PMI.
Mai come oggi, infatti, il mondo produttivo si trova a dover affrontare una sfida strategica: come integrare lavoratori stranieri per colmare il gap occupazionale, risolvere la carenza di manodopera qualificata e valorizzare le competenze disponibili.
L’Inno nazionale e l’apertura del direttore Stefano Maroni
L’Assemblea è cominciata in maniera solenne con l’esecuzione dal vivo (voce e pianoforte) dell’Inno nazionale e di un’aria d’opera da parte dei giovani allievi del Politecnico delle Arti di Bergamo.
Gli allievi si sono esibiti anche al termine dell’Assemblea, con l’esecuzione di “Una furtiva lacrima” di Gaetano Donizetti, dopo i saluti di Giorgio Berta, presidente del Politecnico delle Arti e della Fondazione Teatro Donizetti.
I lavori sono stati aperti dal direttore Stefano Maroni che ha ricordato come l’obiettivo dell’Assemblea sia quello di mettere al centro dell’attenzione il tema dell’integrazione dei lavoratori stranieri nelle imprese, quale risposta al problema della carenza di manodopera.
“Siamo consapevoli – ha detto – che affrontare questo tema è coraggioso e in un certo senso divisivo, soprattutto se consideriamo che spesso la questione dell’immigrazione viene vista prevalentemente come un problema e un’emergenza attorno alla quale si alimentano scontri politici anche molto aspri. La sfida di questa nostra Assemblea è invece quella di guardare oltre la narrazione comune, di cambiare prospettiva. Vale a dire, comprendere come i lavoratori stranieri, se integrati e formati adeguatamente, possano offrire competenze che rispondano alle necessità di manodopera. Il nostro sguardo, come sempre, è rivolto al futuro e al bene delle nostre imprese. Sostenere le imprese nel loro processo di crescita, significa garantire benessere e sviluppo anche per il territorio in cui operano e per le persone che lo vivono.
La relazione del presidente Giacinto Giambellini
L’Assemblea è quindi entrata nel vivo con la relazione del presidente Giacinto Giambellini, che ha esordito partendo da un dato cruciale: nel futuro non assisteremo a una diminuzione dei posti di lavoro, bensì a una diminuzione dei lavoratori.
Questo cambiamento, causato dall’invecchiamento della popolazione e dalla mancanza di ricambio generazionale, rappresenta una sfida epocale.
“Negli ultimi dieci anni – ha sottolineato – la forza lavoro tra i 15 e i 64 anni è diminuita di oltre un milione e mezzo di persone, con una forte riduzione nella fascia 35-49 anni e un aumento dei lavoratori over 50. Se questa tendenza persiste, entro il 2050 l’Italia potrebbe perdere il 15% della forza lavoro”.
Un fenomeno che potrebbe mitigare questa crisi è l’immigrazione che, se gestita correttamente, potrebbe colmare il gap di manodopera.
A dimostrazione di ciò, il presidente ha citato i più recenti dati Eurostat, che dimostrano come, senza immigrazione, entro il 2050 per ogni persona attiva ce ne sarebbe una non attiva. Inoltre, evidenzia che molti dei profili richiesti dalle aziende italiane, tra cui pulizie, imballaggio, magazzinaggio, ristorazione, muratura ed elettricisti, potrebbero essere coperti da lavoratori stranieri.
Ma come può essere visto il fenomeno migratorio, con l’occhio dell’impresa artigiana?
Giambellini ha innanzitutto sottolineato l’importanza di promuovere politiche di inclusione lavorativa, specialmente per le categorie vulnerabili, come le donne migranti. L’immigrazione, infatti, gioca un ruolo chiave in diversi settori economici, tra cui i servizi personali (30,4% di lavoratori stranieri), l’agricoltura (18%) e la ristorazione (17%). Inoltre, dai dati del 2023, il 29% dei lavoratori dipendenti stranieri è concentrato in Lombardia, e il 13% delle imprese italiane è gestito da stranieri.
Nell’artigianato, il 9% degli artigiani non è comunitario, con una forte presenza in Lombardia. Si tratta di una popolazione giovane: nel 2023, il 30,4% degli artigiani non comunitari aveva meno di 40 anni, mentre solo il 17,3% superava i 55 anni, a fronte di una media nazionale del 40,6%.
Passando alla provincia di Bergamo, la previsione è che entro il 2028 gli immigrati copriranno il 21,3% del fabbisogno di personale, con picchi nei settori artigianali. Attualmente, nella nostra provincia si contano oltre 10.000 imprese gestite da stranieri, di cui più di 4.000 artigiane, pari al 14,2% del totale artigianale.
Giambellini ha specificato come l’immigrazione non sia, ovviamente, l’unica soluzione a questa crisi demografica.
“È fondamentale promuovere anche la parità di genere, aumentare l’occupazione giovanile e prolungare le carriere lavorative – ha chiarito –. Tuttavia, il lavoro resta il fulcro dell’inclusione, come riporta l’articolo 1 della Costituzione italiana, ‘L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro’: la cittadinanza stessa, quindi, si fonda sul lavoro, attraverso il quale si costruisce dignità e si partecipa al benessere collettivo. Senza il lavoro, l’integrazione rimane infatti un concetto astratto”.
L’intervento del presidente si è quindi focalizzato sulle piccole e medie imprese (PMI): sono loro, soprattutto quelle artigiane, che svolgono un ruolo cruciale nell’accoglienza e nell’integrazione dei lavoratori stranieri.
“Le PMI non solo forniscono il primo contatto con il mondo del lavoro, ma sono anche una rampa di lancio per l’emancipazione e l’integrazione sociale”.
Giambellini ha ricordato l’impegno di Confartigianato a promuovere tre concetti fondamentali e non più eludibili: inclusione, facilitazione e formazione.
“Includere significa accogliere e integrare i lavoratori stranieri. Facilitare implica collaborare con le istituzioni per rappresentare e tutelare i propri associati, promuovendo, ad esempio, l’accelerazione del riconoscimento delle qualifiche professionali straniere. Formare significa infine offrire percorsi di apprendimento e tirocinio per i migranti, favorendo una piena integrazione nel mercato del lavoro”.
Confartigianato è consapevole del proprio ruolo e delle sfide che l’inclusione comporta. Come ha concluso il presidente, “ad unire le diverse anime delle associazioni di categoria sono due elementi fondamentali: il valore del lavoro e una visione comune”.
Per quest’ultima, in particolare, citando un passaggio del racconto “”Il Barone Rampante” di Italo Calvino, il presidente ha auspicato che l’unione tra persone oneste e capaci possa portare a realizzare il bene comune.
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I saluti delle autorità
Al termine della relazione del presidente, sono intervenute per un saluto diverse autorità presenti in sala.
La Sindaca di Bergamo Elena Carnevali si è focalizzata sulla necessità di manodopera spiegando come le politiche di integrazione si realizzano sul territorio, facendo sistema tra tutti gli attori, dovendo necessariamente andare di pari passo con l’incentivazione dell’occupazione femminile. Per questo, lo sforzo va diretto anche alle politiche abitative, studiando modelli nuovi “per recuperare il gap esistente, mantenere la crescita e realizzare una buona convivenza”.
Claudia Maria Terzi, Assessore alle Infrastrutture e opere pubbliche Regione Lombardia, ha ricordato il successo dei progetti di integrazione messi in campo dal Pirellone, mediante il dialogo col mondo produttivo, “come la formazione professionale, aperta a tutti coloro che sono presenti sul nostro territorio. Gli ITS garantiscono per l’80% dei frequentanti un lavoro coerente con quello che hanno studiato”.
Pasquale Gandolfi, Presidente della Provincia di Bergamo, ha parlato del buon funzionamento dei centri per l’impiego che da due anni e mezzo sono gestiti dall’ente di Via Tasso: “Su 55.000 persone contattate, il 55% ha trovato una collocazione lavorativa e il 45% è passato subito a un percorso formativo”. Ha poi ricordato come il principale problema del nostro territorio riguardi l’occupazione dei NEET (giovani che non studiano e non lavorano).
Carlo Mazzoleni, Presidente della Camera di commercio di Bergamo, ha ricordato come nell’agenda dell’ente e della società collegata Bergamo Sviluppo, accanto al tema del digitale e al tema ecologico-energetico, una parte importante riveste la ricerca di nuove competenze “che significa formazione, orientamento e trasferimento del sapere e del saper fare. Occorre passare dalla presa di coscienza ad azioni concrete”.
Sergio Cavalieri, Rettore dell’Università degli studi di Bergamo, ha ricordato che fra 10 o 15 anni, gli studenti bergamaschi saranno prevalentemente immigrati di seconda generazione: “È per noi una sfida importante perché significherà profilare la formazione del futuro considerando anche la diversità di origine e di cultura”.
Infine, don Cristiano Re, delegato vescovile per la Vita Sociale, ha sottolineato come il tema dell’assemblea sia un interrogativo di umanità “e ascoltando gli interventi che si sono succeduti ci sono ottimi presupposti perché venga vissuto nel migliore dei modi”. Il tema del lavoro, ha detto, da solo non basta: deve essere accompagnato da legami, affetti, e dalla costruzione di un posto nel mondo che sia di tutti.
Presenti anche il consigliere regionale Giovanni Malanchini, i deputati del Parlamento italiano Rebecca Frassini e Vinicio Peluffo, e gli europarlamentari Lara Magoni e Giorgio Gori.
La presentazione del Bilancio Sociale e di Sostenibilità
La parola è quindi tornata al direttore Stefano Maroni, per la presentazione del Bilancio Sociale e di Sostenibilità 2023.
La nostra Associazione – ha sottolineato – sta compiendo passi significativi verso la redazione di un bilancio di sostenibilità, per misurare il suo impatto ambientale, sociale e di governance (ESG) e fornire una visione completa delle azioni intraprese per promuovere la sostenibilità e l’impatto positivo sul territorio. Confartigianato Imprese Bergamo si allinea così agli standard internazionali e contribuisce al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’ONU”.
Tra i numerosi obiettivi di sviluppo sostenibile a cui anche la nostra Associazione sta tendendo, e che il direttore ha sottolineato, spiccano salute e benessere, uguaglianza di genere, crescita economica, modelli sostenibili di produzione e consumo, accesso a sistemi di energia sostenibili, azioni per il clima.
Per scaricare il Bilancio Sociale e di Sostenibilità 2023 CLICCA QUI
I Movimenti associativi
Hanno poi preso la parola i presidenti dei tre Movimenti associativi di Confartigianato Imprese Bergamo.
Cecilio Testa, presidente di ANAP Bergamo (Associazione Nazionale Anziani e Pensionati), ha voluto cedere la parola alle presidenti degli altri Movimenti, in particolare del Movimento Giovani, sottolineando come “il futuro sono loro” e ha brevemente spiegato il ruolo di ANAP Bergamo, che dà un sostegno concreto ai pensionati artigiani valorizzando il loro ruolo nella società.
“Con quasi 3.700 associati, il nostro è il gruppo più numeroso della Lombardia e si trova tra i primi posti in Italia. È importante considerare gli anziani come una risorsa attiva e centrale nella società, piuttosto che come un peso”.
Rita Messina Moretti, presidente del Movimento Donne Impresa, ha sottolineato come i lavoratori stranieri possano arricchire le aziende portando competenze, esperienze e una visione diversa, contribuendo anche in settori poco attraenti per i giovani italiani.
“Le persone che arrivano nelle nostre aziende, e parlo soprattutto delle nostre micro e piccole imprese artigiane, vengono già accolte come qualcuno di famiglia”.
Ha poi ricordato come le imprese femminili continuino a giocare un ruolo fondamentale nella società ma che restano ancora numerosi gli ostacoli da superare, come la burocrazia e i pregiudizi.
L’inclusione, per Moretti, non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche di competitività, e ha invitato le imprenditrici artigiane a essere protagoniste del cambiamento, insistendo sul concetto di “unicità” che ciascuno porta all’interno dell’azienda come nella vita sociale.
Valentina Brunelli, presidente del Movimento Giovani Imprenditori, ha affrontato la questione della carenza di manodopera qualificata, evidenziando la necessità di un approccio innovativo per attrarre e valorizzare i giovani talenti. Brunelli ha sottolineato come il problema non sia solo numerico, ma anche qualitativo, ponendo l’accento sull’importanza del passaggio generazionale nelle imprese. Ha proposto soluzioni concrete, come la mentorship interna e la rotazione delle mansioni, per garantire ai giovani una formazione pratica e trasversale. Ha inoltre parlato dell’importanza della flessibilità, che permette ai giovani di sperimentare diversi ruoli e crescere professionalmente. Brunelli ha esortato le imprese a riconoscere il valore della diversità e a saper cogliere l’opportunità di integrare nuove prospettive e energie. Solo così, ha concluso, sarà possibile mantenere vive le tradizioni artigianali, adattandosi al futuro.
Le conclusioni del presidente nazionale Marco Granelli
A concludere l’Assemblea, l’intervento del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli che ha voluto raccontare la storia di un’impresa della regione in cui vive, l’Emilia-Romagna. È la storia di un artigiano del settore vinicolo che, per necessità di manodopera, ha assunto diversi lavoratori migranti, creando un gruppo fra i dipendenti più esperti che li ha potuti formare all’interno dell’azienda stessa.
“Lui stesso – ha aggiunto – aiutava queste famiglie portando i figli a scuola o aiutandoli con le questioni burocratiche, mettendo in pratica quel processo di inclusione di cui stiamo discutendo in questa assemblea. Questo per dire che i nostri artigiani sono persone che non hanno bisogno di essere stimolate, o di ottenere incentivi particolari, perché sanno svolgere appieno un ruolo di attori economici. Ma lo fanno con una naturalezza, una mutualità e una generosità che io ho riscontrato in tanti territori italiani che frequento. E questo credo sia il grande valore di cosa vuol dire oggi essere impresa artigiana”.
Granelli ha poi allargato lo sguardo sulle nuove generazioni e sulla necessità di attrarre i giovani per dare un futuro all’artigianato.
Ha spiegato che in futuro vedremo probabilmente sparire tanti lavori di routine, standardizzati, ma l’essenza del lavoro artigiano, fatto non solo di manualità ma anche di progettualità, “mente e cuore”, non potrà mai essere sostituita da robot o intelligenza artificiale.
“Per questo dico che oggi l’artigianato è un artigianato moderno, 5.0, e i giovani rappresentano per noi una grande sfida di inclusione che dobbiamo portare avanti. Ci stiamo impegnando al massimo per attirarli verso le nostre professioni e il nostro mondo di Confartigianato: qualche mese fa, per esempio, abbiamo dato vita a un progetto che si chiama “L’Artigianato che ci piace” con il professore di fisica Vincenzo Schettini, perché tramite queste figure molto seguite sui social, possiamo entrare in sintonia con le nuove generazioni”.
Proprio sul fronte della comunicazione, il presidente nazionale ha aggiunto come l’artigiano, solitamente restio a raccontare le grandi cose che riesce a fare, deve imparare a colmare questa carenza comunicativa: “Dobbiamo invece imparare a comunicare diversamente, usando influencer, andando sui social, per raccontare il valore che sappiamo portare nei territori”.
Granelli ha anche affrontato il tema dell’apprendistato: “Per noi è una grande battaglia, perché lo vediamo come lo strumento migliore per poter entrare in azienda, con un grande vantaggio: i titolari d’azienda, con la loro esperienza e professionalità, sono infatti quelli che meglio di altri sono in grado di formare e di dare una qualità di preparazione che in una grande azienda non si trova, perché lavorano essi stessi nella loro azienda e affiancano le nuove leve. Da noi il termine flessibilità è d’obbligo: nelle grandi aziende le competenze sono molto spesso settorializzate, mentre nell’artigianato bisogna saper fare più mansioni. Noi vorremmo “catturare” questi giovani e fare in modo che possano trovare soddisfazione e gratificazione anche da un punto di vista economico”.
Ha inoltre invitato a superare la contrapposizione accademica tra lavoro manuale e intellettuale:
“Purtroppo, sono quarant’anni che a scuola non si insegna più la cultura del lavoro. Credo che invece occorra fare un passo in più per valorizzare le competenze tecniche che al loro interno hanno inevitabilmente competenze intellettuali: smettiamo di chiamarlo impropriamente lavoro manuale contrapponendolo a quello chiamato impropriamente lavoro intellettuale”.
Infine, tornando al tema della serata, ha sottolineato come l’immigrazione vada affrontata senza troppo buonismo ma anche senza eccessivi populismi.
“Non dobbiamo farci trovare impreparati ma avere lo spirito giusto per accogliere i lavoratori stranieri. Come? Combattendo sicuramente l’irregolarità ma dando anche delle possibilità formative e di inclusione, che noi artigiani stiamo già facendo in modo naturale, come ho dimostrato nell’esempio fatto prima. C’è sicuramente un problema di mancanza di competenze nei migranti, molti dei quali non sanno fare i lavori di cui noi abbiam bisogno, soprattutto nel settore delle costruzioni. Quindi uno sforzo sulla formazione deve essere fatto”.
E, a tal proposito, ha ricordato il successo della scuola delle professioni artigiane che all’inizio degli anni Duemila Confartigianato ha aperto in Etiopia, formando lavoratori e attuando scambi con le imprese italiane.