La sanificazione, richiesta in tempi di emergenza sanitaria, è fatturata con modalità ordinaria, al pari della disinfezione; mentre alle prestazioni di pulizia in edifici si applica il reverse charge. E’ introdotto un parziale ristoro, tramite un credito d’imposta, per il sostenimento delle spese di sanificazione degli ambienti di lavoro. In questa sede si forniscono esclusivamente indicazioni in ordine alle modalità di fatturazione.
Le altre modalità operative dovranno essere seguite in ossequio all’attuazione del “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 14 marzo 2020.
Le misure finalizzate al contrasto e al contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro prevedono “la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti e delle postazioni di lavoro” (in tal senso art. 4 del “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 14 marzo 2020).
L’esecuzione di tali interventi contro l’epidemia è stata incentivata attraverso l’introduzione di un’agevolazione, sotto forma di credito d’imposta, a favore di imprese e lavoratori autonomi che sostengono le spese di sanificazione degli ambienti di lavoro, introdotta dal D.L. n. 18/2020 ed ampliata dal successivo decreto legge n. 23/2020, ma per la cui attuazione si è in ancora in attesa di un decreto del MISE.
Ciò che appare più urgente approfondire in questa sede è la modalità di applicazione dell’IVA: ad oggi, è certa l’emissione della fattura in reverse charge per la “pulizia” degli edifici, così come è indiscussa l’applicazione dell’IVA con modalità ordinaria per le prestazioni di “disinfezione”.
La “sanificazione”, tuttavia, dal momento che non viene espressamente menzionata nella classificazione ATECO 2007, merita un ragionamento specifico.
REVERSE CHARGE PER LA PULIZIA DI EDIFICI
L’articolo 17, comma 6, lett. a-ter), DPR n. 633/72, prevede l’applicazione del reverse charge per le prestazioni di pulizia rese negli edifici, a decorrere dal 1° gennaio 2015.
Deve trattarsi, si ricorda, di prestazioni rese verso soggetti passivi IVA residenti (se il committente è un Condominio, pertanto, non si applica l’inversione contabile).
L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 14/E del 27 marzo 2015, ha chiarito che l’individuazione dell’ambito oggettivo delle prestazioni di pulizia da assoggettare ad inversione contabile è effettuato con riferimento alle attività riconducibili ai codici attività della Tabella ATECO 2007.
Relativamente alla “pulizia”, l’Amministrazione finanziaria ha individuato, come rientranti nel campo di applicazione del reverse charge, le attività contraddistinte dai seguenti codici:
- 81.21.00 Pulizia generale (non specializzata) di edifici;
- 81.22.02 Altre attività di pulizia specializzata di edifici e di impianti e macchinari industriali.
Devono ovviamente intendersi escluse dall’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile le attività di pulizia specializzata di impianti e macchinari industriali, in quanto non rientranti nella nozione di edifici.
La successiva circolare n. 37/E del 22 dicembre 2015 ha precisato che non rientrano nei codici ATECO della “pulizia” (con conseguente esclusione dal reverse charge) le prestazioni riconducibili al seguente codice:
- 29.10 Servizi di disinfestazione: disinfezione e disinfestazione di edifici (…), servizi di fumigazione
Ai fini dell’applicazione del reverse charge, la disposizione richiede che le prestazioni siano “relative ad edifici”.
Nella citata circolare n. 14/E/2015, l’edificio è stato individuato come una costruzione coperta isolata da vie o da spazio vuoti, oppure separata da altre costruzioni mediante muri che si elevano, senza soluzione di continuità, dalle fondamenta al tetto (risoluzione n. 46/E/1998, ove è ripresa la circolare del Ministero dei lavori pubblici del 23 luglio 1960, n. 1820). Vi rientrano, quindi:
- edifici strumentali e abitativi, anche di nuova costruzione, nonché le parti di essi (ad esempio, singolo locale di un edificio),
- gli edifici in corso di costruzione rientranti nella categoria catastale F3 e le “unità in corso di definizione” rientranti nella categoria catastale F4.
Non vi rientrano terreni, parti del suolo, parcheggi, giardini, etc., salvo che questi non costituiscano un elemento integrante dell’edificio stesso.
Esemplificando:
- la prestazione di servizi di pulizia nello stabilimento aziendale, o negli uffici del professionista, è assoggettata a reverse charge;
- la prestazione di pulizia resa nel cortile esterno all’edificio aziendale, o nel parcheggio scoperto dell’ufficio, è esclusa dall’inversione contabile.
Di conseguenza, se la prestazione di pulizia, esterna ed interna all’edificio, è resa verso lo stesso soggetto passivo d’imposta ed in base ad un unico contratto, è necessario che il contratto preveda distintamente i corrispettivi imputabili a ciascuna prestazione (pulizia interna, pulizia esterna), o che venga integrato in tal senso.
LA SANIFICAZIONE
Come già specificato, l’individuazione delle prestazioni cui è applicabile il reverse charge previsto dalla lettera a-ter), è effettuata attraverso la classificazione ATECO 2007.
Tuttavia, in tale classificazione non è presente, in modo esplicito, l’attività di “sanificazione” con la conseguente incertezza se sia corretto ricondurla al codice ATECO della “pulizia”, piuttosto che a quello della “disinfezione”, con risultati diversi ai fini dell’applicazione dell’inversione contabile.
Una definizione di tali attività è contenuta nel decreto n. 274 del 7 luglio 1997, recante “Regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della L. 25 gennaio 1994, n. 82, per la disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione.”
Più precisamente, tale decreto definisce:
- l’attività di pulizia, come un complesso di procedimenti e operazioni atti a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti confinati ed aree di pertinenza;
- l’attività di disinfezione, come un complesso dei procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti confinati e aree di pertinenza mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni;
- l’attività di sanificazione, come il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore.
La sanificazione presuppone, quindi, la pulizia e la disinfezione (oltre alla disinfestazione che, riguardando gli animali, non riguarda il caso trattato).
Alla luce dell’emergenza COVID-19, nell’ambito della quale anche l’attività di pulizia ordinaria deve essere “potenziata” in quanto finalizzata alla “distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni”, si ritiene, che, unicamente ai fini della classificazione delle attività ISTAT, l’attività di sanificazione possa ricondursi alla disinfezione (codice ATECO 81.29.10).
L’Istat, consultato a tal fine, conferma l’interpretazione sopraindicata.
Da quanto sopra, consegue che le prestazioni di disinfezione ovvero di sanificazione, entrambe classificabili nel codice ATECO 81.29.10, sono escluse dal reverse charge, e l’IVA è applicata con modalità ordinaria.
Tutto ciò, ovviamente, nel presupposto che l’impresa di pulizia rispetti gli eventuali vincoli e requisiti previsti dalla normativa di settore (non fiscale) per poter effettuare attività di disinfezione.
COMUNICAZIONE DELLA VARIAZIONE DEL CODICE ATECO
Può accadere che l’impresa di pulizia, con codice ATECO 81.21.00, pur svolgendo “sanificazione”, non abbia comunicato il relativo codice 81.29.10, ai sensi dell’articolo 35, comma 3, DPR n. 633/72.
Se le prestazioni di sanificazione sono svolte sistematicamente, l’impresa dovrà provvedere alla relativa comunicazione all’Agenzia delle entrate entro trenta giorni (risoluzione n. 172/E del 13 luglio 2007). Ovviamente, se le operazioni di sanificazione sono episodiche, tali da non concretizzare un’attività, si ritiene che la comunicazione del nuovo codice ATECO non debba essere effettuata.
La comunicazione di cui all’art. 35, c.3, DPR 633/72, costituisce un adempimento tributario che ordinariamente deve essere effettuato entro trenta giorni.
Nell’attuale situazione di emergenza sanitaria, occorre computare tale periodo considerando la generalizzata sospensione dei termini degli adempimenti tributari (DM 24/2/2020, per la “zona rossa” e art. 62, c.1, DL 18/2020 per il resto d’Italia): di conseguenza, qualora i trenta giorni (entro cui la variazione avrebbe dovuto essere comunicata) ricadono nel periodo di sospensione (decorrente dal 21 febbraio 2020 per i soggetti ubicati nella “zona rossa” e dall’8 marzo 2020 per gli altri, con termine unico per tutti i contribuenti fissato al 31 maggio 2020), la comunicazione dovrà essere effettuata entro il 30 giugno 2020.
FATTURAZIONE DELLE PRESTAZIONI DI PULIZIA E SANIFICAZIONE/DISINFEZIONE
L’applicazione dell’IVA sulle prestazioni di pulizia e sanificazione (o anche per disinfezione) è effettuata, rispettivamente, con reverse charge e con modalità ordinaria (in presenza dei requisiti evidenziati).
Di conseguenza, è opportuno che nella medesima fattura, emessa nei confronti dello stesso committente per il medesimo periodo, SIANO TENUTI DISTINTI GLI IMPORTI RICONDUCIBILI AD UNA MERA PULIZIA (IN REVERSE CHARGE) DA QUELLI RICONDUCIBILI ALLA SANIFICAZIONE/DISINFEZIONE (CON MODALITÀ ORDINARIA DI APPLICAZIONE DELL’IVA).
IL CREDITO D’IMPOSTA PER LE SPESE DI SANIFICAZIONE NEGLI AMBIENTI DI LAVORO
Il sostenimento di spese di sanificazione degli ambienti di lavoro è stato agevolato attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta a favore di imprese e lavoratori autonomi (art. 64, D.L. 18 del 17 marzo 2020).
Successivamente, l’articolo 30 del D.L. 23 dell’8 aprile 2020, ha ampliato l’ambito oggettivo del beneficio, prevedendone l’estensione ai dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza.
Il credito d’imposta è riconosciuto a fronte delle seguenti spese sostenute nel 2020 (come chiarito nella circolare n. 9/E/2020, punto 13):
- spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro;
- acquisto di dispositivi di protezione individuale (quali, ad esempio, mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3, guanti, visiere di protezione e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari);
- acquisto e installazione di altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici o a garantire la distanza di sicurezza interpersonale (quali, ad esempio, barriere e pannelli protettivi);
- detergenti mani e disinfettanti.
Il credito d’imposta è pari al 50% delle spese sopraindicate ed è riconosciuto nella misura massima di 20.000 euro per ciascun beneficiario.
Altri aspetti da chiarire
Le disposizioni sul credito di imposta relativo alle spese di sanificazione che dovranno essere chiarite con il decreto del Mise (che avrebbe dovuto essere emanato entro il termine – non perentorio – del 16 aprile 2020) o in sede di conversione del DL 18/20 riguardano:
- che il credito d’imposta non rileva ai fini delle imposte dirette (IRPEF e IRES) e IRAP
- la modalità di fruizione del credito d’imposta: anche se si ritiene che il credito sia utilizzabile esclusivamente in compensazione orizzontale in F24, ai sensi dell’articolo 17 decreto legislativo n. 241/97.
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Ufficio Consulenza Fiscale
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