L’Italia è la prima economia nella Moda nell’Ue a 27 e i pesanti effetti della pandemia su questo rilevante settore del Made in Italy rappresenta un problema di dimensione europea. Nel settore attive 55mila micro e piccole imprese (MPI) con 306mila addetti, il 65,8% del settore, un peso di 13,8 punti superiore alla media della manifattura. Alta vocazione artigiana, con 35mila imprese e 155mila occupati, il 33,3% del settore.
La guerra in Ucraina coinvolge in pieno il comparto della Moda, secondo settore di export in Russia dopo quello dei macchinari e maggiormente penalizzato da crisi di Crimea del 2014, con una perdita di 6,9 miliardi di euro di export in Russia in 8 anni. Umbria, Marche, Emilia-Romagna e Veneto i sistemi territoriali della Moda più esposti sul mercato russo; nelle Marche e in Umbria maggiore peso del sistema di MPI.
Segnali congiunturali di sensibile miglioramento delle attese delle imprese della Moda per l’occupazione. Dall’autunno migliorano le attese sugli ordini, con un segnale di rallentamento a febbraio 2022, ma il saldo rimane superiore alla media del manifatturiero. Nel tessile crescita congiunturale della produzione in tutti e quattro i trimestri del 2021 mentre nell’ultimo trimestre del 2021 si registra una crescita congiunturale anche per l’abbigliamento.
La recessione causata dalla pandemia ha pesato maggiormente sulle imprese della Moda, che presenta un forte ritardo nella ripresa. Nel 2021 la produzione rimane oltre un quinto inferiore ai livelli del 2019, un ritardo di intensità doppia rispetto alla media Ue. Rispetto ai livelli del 2019, persi 18 miliardi di fatturato nel 2020 e 4,0 miliardi nel 2021, cumulando nel biennio 22 miliardi di minori ricavi. Di analogo ordine di grandezza la minore spesa per consumi, che nel biennio 2020-2021 cumula una perdita di 23,5 miliardi di euro, con un livello della spesa che nel 2021 risulta inferiore del 7,5% a quelli di 25 anni prima.
Nel 2021 la Moda è l’unico comparto della manifattura con esportazioni che rimangono inferiori al livello 2019. In territorio positivo l’export sui mercati di Cina, Polonia e Corea del Sud; nell’Unione europea sono in positivo i mercati di Francia e Paesi Bassi, con un recupero pressoché completo in Germania.
In chiave territoriale le esportazioni nel 2021 sono sopra ai livelli pre-pandemia in Lazio, Trentino-Alto Adige e Basilicata, mentre sono vicine al completo recupero il Veneto, terza regione per valore del Made in Italy della Moda.
Nonostante la difficile fase del ciclo, si conferma la crescita qualitativa del made in Italy dei prodotti della moda, con un aumento del valore intrinseco delle esportazioni ampiamente superiore alla dinamica dei prezzi nell’ultimo biennio.
Sul fronte del lavoro, la moda è il settore manifatturiero con la più alta quota di addetti donne. Il paradosso di una domanda debole e il difficile reperimento del 41,5% delle entrate per le professioni specializzate della Moda, con una accentuazione del fenomeno nelle Marche, Emilia-Romagna, Veneto e Campania.
Il persistere della crisi di domanda per le imprese del settore si associa ad un minore dinamismo dei prezzi alla produzione. Per i costi delle materie prime, si segnalano tensioni sulle quotazioni del cotone, mentre pesa il caro-energia, in particolare per il cluster del finissaggio dei prodotti tessili.
Le interruzioni nelle catene di approvvigionamento globali riverberano sulle imprese della Moda ostacoli alla produzione per allungamento dei tempi di consegna, insufficiente disponibilità dei materiali e costi dei container quintuplicati. Nel contesto internazionale viene messo a rischio la produzione ‘full Made in Italy’ soprattutto della Moda: viene, infatti, esportato in Italia la metà (50,2%) del fatturato delle multinazionali estere a controllo nazionale del settore, cinque volte il 10,9% del Manifatturiero, e nel dettaglio il 53,0% del Tessile e abbigliamento ed il 40,9% della Pelle sono le quote più alte registrate nei comparti manifatturieri.