Confartigianato presenta un progetto per il reinserimento lavorativo dei detenuti nelle imprese artigiane

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Un progetto per favorire il reinserimento lavorativo dei detenuti con la possibilità, dopo un percorso formativo curato dalle istituzioni carcerarie, di prestare la loro opera presso le imprese artigiane in un tirocinio finalizzato magari ad una futura assunzione.

 

È quanto presentato lo scorso 27 luglio dal presidente di Confartigianato Imprese Bergamo Giacinto Giambellini con il direttore Stefano Maroni, insieme alla direttrice del carcere Teresa Mazzotta, presente con la referente dell’area comportamentale Cristiana Primavori, e dai rappresentanti dell’Associazione Carcere e Territorio e dell’Associazione Amici di Aretè.

 

 

Come hanno affermato a più voci i partecipanti, si tratta di un’iniziativa in cui vincono tutti: da un lato è un modo per ridare la dignità e una seconda occasione alle persone che hanno sbagliato e allo stesso tempo consente di combattere l’annoso problema della mancanza di personale qualificato nelle imprese. E infine è un buon risultato per la società nel suo complesso perché, se un ex detenuto riesce a tornare a reinserirsi nella società, diminuisce la possibilità che torni a delinquere.

 

Ad introdurre il progetto il vicepresidente di Associazione Carcere e Territorio Gino Gelmi che, insieme al presidente di Confartigianato Imprese Bergamo Giacinto Giambellini, ha illustrato i percorsi formativi in atto presso il carcere, con due attrezzati laboratori, uno già consolidato per la sartoria e il ricamificio e uno per le attività siderurgiche e la saldatura, utile per sviluppare la formazione ma anche le commesse interne, che è stato ottimizzato grazie anche ai consigli di Confartigianato.

 

La realtà del carcere di Bergamo è molto viva e interessante – ha confermato Giambellini – e deve essere sempre più aperta al territorio, per questo ho pensato di incontrarci per proporre questo progetto di formazione e inserimento lavorativo, visto che Confartigianato rappresenta 183 mestieri artigiani, 14.000 soci, 10.000 imprese che danno lavoro a 50.000 dipendenti e considerato che le imprese hanno sempre più bisogno di manodopera. I primi imprenditori, gli amici, che ho sentito inizialmente, ci stanno già credendo, significa che la contaminazione sta iniziando a funzionare.

 

Uno degli imprenditori che si è messo a disposizione per questo progetto è Alessandro Benedetti amministratore della AB s.r.l. di Lallio che ha ricordato che il compito di ogni buon imprenditore è quello di trovare risorse umane preparate per far crescere l’azienda e trovare clienti. “Non è giusto giudicare – ha detto – perché quando sei giovane è facile compiere degli errori. Bisogna invece dare una possibilità a chi ha sbagliato e, visto che io come imprenditore devo trovare risorse per far crescere l’azienda, se una persona vuol cambiare vita, può diventare una risorsa molto utile. L’importante è darsi da fare, perché si tratta di business e nel mio campo devi essere bravo; in cambio vieni ben pagato. Noi imprenditori artigiani italiani mettiamo il saper fare, con le mani facciamo grandi cose, ed è questo il motivo per cui gli imprenditori italiani sono i migliori del mondo!  Proprio per questo ho grandi aspettative e sono contento che mi abbiano segnalato ben due saldatori. L’idea è quella di sceglierne uno, ma se va bene li sceglierò tutti e due”.

 

“Un’iniziativa di rilievo sociale per il reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro che vede per la prima volta la partnership di Confartigianato Imprese Bergamo – ha precisato il direttore Stefano Maroni – la prima organizzazione imprenditoriale bergamasca per numero di associati, che conferma così il suo importante ruolo di attore sociale anche in questioni di questo tipo, finora appannaggio di altre istituzioni e cooperative”.

 

Il presidente Associazione Carcere e Territorio Fausto Gritti ha spiegato la cura e l’attenzione al percorso di formazione dei detenuti. “I detenuti in formazione e in tirocinio aziendale vengono seguiti con attenzione dagli addetti della nostra organizzazione che saranno i loro punti di riferimento per tutto il periodo di tirocinio fino ad arrivare alla classica assunzione. In media formiamo 90 persone all’anno e più della metà vanno in assunzione; inoltre, vengono fatti i corsi di sicurezza e forniamo anche le skill per favorire il rientro nella società. Le persone sanno bene che, quando escono, devono osservare tutte le regole altrimenti sanno che rientreranno. Ed è provato che quando uno ha la casa e il lavoro le recidive sono basse”.

 

Anche la direttrice del carcere Teresa Mazzotta ha sostenuto la necessità dicontaminare positivamente il carcere per aprire queste porte che spesso l’opinione pubblica pensa debbano rimanere chiuse”. “La difesa sociale – ha detto – passa da un giusto equilibrio tra la pena come giusta retribuzione e un percorso di revisione critica e reinserimento per dare un’opportunità. Il nostro compito è sviluppare le capacità che uno ha con dei percorsi formativi che siano in equilibrio con i bisogni del territorio, qualificando l’offerta formativa per formare manodopera qualificata al pari di quella che viene offerta dal territorio. In cambio, chi è all’interno, se ha un’opportunità, ci mette anima e cuore”

 

È importante però superare i pregiudizi e spiegarlo bene alla gente e alle imprese. “Il territorio bergamasco ha sempre bisogno di essere sollecitato – ha detto Giambellini – e in questo ci dovrà aiutare la comunicazione e soprattutto il passaparola delle aziende che dopo aver provato restano soddisfatte”. Concorde Gelmi, che ha ribadito che si tratta della “pedagogia dei fatti”: “Per il buon esito del progetto è determinante comunicarne i risultati positivi in modo che la gente li comprenda”.

 

Anche Oliviero Arzuffi presidente dell’Associazione Amici di Aretè ha sottolineato l’esigenza di puntare molto sulla sensibilizzazione della gente sulla accettazione di queste disabilità: “Occorre il sostegno del territorio e della comunicazione per far capire la bontà del progetto – ha detto – e per dare la dimostrazione che è fattibile e che è anche economicamente vantaggioso”.

 

“I prossimi step del progetto – ha concluso Giambellini – prevedono l’individuazione delle aree di intervento partendo da alcune caratteristiche delle risorse umane disponibili. Inoltre, il progetto potrebbe avere anche un respiro nazionale con la collaborazione delle associazioni Confartigianato in tutta Italia che potrebbero essere sensibilizzate sul tema”.

 

 

 

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