Presentato il libro di Cesare Fumagalli “Piccola Impresa, indicativo futuro”

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Il fattore umano, l’”intelligenza del polpastrello”, continuerà per fortuna ad esser un elemento fondamentale per la capacità competitiva futura. Le doti delle piccole imprese, come la personalizzazione dei prodotti, la capacità di problem solving, la sostenibilità economica, ecologica e sociale e la spinta a non accontentarsi di essere dei semplici contoterzisti, unite alla capacità di integrarsi ed aggregarsi, continueranno ad essere un modello vincente.

 

Questo il messaggio emerso in occasione della presentazione del libro “Piccola Impresa, indicativo futuro. L’intelligenza del polpastrello” scritto da Cesare Fumagalli, grande esperto di artigianato, per 40 anni elemento di spicco in Confartigianato, prima come segretario regionale lombardo e poi, fino al 2020, in veste di segretario nazionale.

 

 

All’evento, moderato da Elvira Conca, Caposervizio Economia de L’Eco di Bergamo hanno preso parte, insieme all’autore, anche il presidente di Confartigianato Imprese Bergamo Giacinto Giambellini e il sindaco di Bergamo Giorgio Gori che hanno approfondito il tema del ruolo delle piccole imprese nell’economia nazionale ed internazionale, con riferimento non solo alla loro dimensione, ma anche alla loro eccellenza produttiva.

 

 

Il libro scritto da Fumagalli insieme alla figlia Michela e con la prefazione di Massimiliano Valerii, racconta le storie di imprenditorialità diffusa delle piccole imprese che rappresentano oltre il novanta per cento del tessuto imprenditoriale attivo in Italia. Imprese piccole per scelta, non per dovere, che, attive nelle proprie comunità, sanno creare innovazione facendo tesoro della tradizione e del saper fare artigiano.

 

È questa, quella che viene definita da Fumagalli “l’intelligenza del polpastrello”, frutto di un modello di sostenibilità economica e sociale e di flessibilità tipico del nostro Paese, che proprio per queste sue doti di creatività, innovazione e radicamento al territorio è stata spesso premiata dal successo del made in Italy all’estero.

L’intelligenza del polpastrello è una definizione riferita all’intelligenza e alla sensibilità umana che ancora oggi è poco sostituibile dall’intelligenza artificiale, è quel modo che hanno i bravi imprenditori di toccare e censire i loro prodotti per capire se sono fatti bene.

 

“Questi siamo noi – ha confermato il presidente Giambellini –siamo un brand anche in Europa. A Bruxelles, per esempio, ho potuto verificare che una casa ha più valore se è stata ristrutturata da un’impresa italiana. Questo è il nostro valore e il nostro brand. L’Italia è questo”.

 

Un fatto dimostrato anche dai dati: in Italia il 95% delle imprese è costituito da micro piccole imprese e, tra queste, le imprese artigiane sono 1.2 milioni. “Un mondo che fa muovere l’economia italiana – ha detto Conca -. Ma questo mondo come si posiziona oggi? La piccola impresa ha ancora valore?”

 

 

“Non sono a tutti i costi un sostenitore del “piccolo è bello” – ha risposto Fumagalli -, cerco però di argomentare che il sistema del “piccolo è bello” è un derivato dell’evoluzione dal dopoguerra ad oggi. Nel mio libro mi chiedo quindi se oggi, con la globalizzazione e le rivoluzioni tecnologiche del digitale, ci sia ancora una ragione per sviluppare il sistema italiano che è fatto prevalentemente di piccola impresa, e se questo sistema ha ragione d’essere nel futuro o se stiamo solo facendo resistenza. La risposta sta nel titolo: nonostante inevitabili gravi carenze, penso ad esempio al sistema della formazione con la sua divisione regionale, abbiamo uno straordinario sistema economico capace di produrre prodotti unici, un sistema sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Certamente è bene lavorare attorno a tutti i miglioramenti possibili, ma solo allo scopo di potenziare questo sistema di sviluppo. Sotto questo aspetto i territori sono una straordinaria fucina capace di dare risposte. Oggi i distretti si sono fortemente evoluti, attraversano gli oceani e il mondo e continuano a vivere di integrazione tra imprese, decisori pubblici, università e formazione”.

 

“È come se la piccola impresa avesse nel suo patrimonio genetico delle cose che oggi stimiamo necessarie – ha confermato Giorgio Gori -. Parlo della sostenibilità economica e ancora di più della sostenibilità sociale, perché le piccole imprese rappresentano un metodo di coesione e radicamento che fa molto per la resilienza del territorio. Anche a Bergamo siamo in debito con queste imprese perché la loro trama tiene insieme il terreno, come le radici delle piante”. “Tuttavia – ha sottolineato Gori – a me è parso un libro in difesa nei confronti di un mainstream che vuole superare il tutto verso un mondo più grande. Per conto mio, infatti, la forza di un territorio è tenere insieme i diversi tagli di impresa e consentire alle piccole imprese di diventare grandi, eliminando i vincoli e aiutandole a crescere. Da questo punto di vista c’è una quantità di piccole aziende che fa delle bellissime cose, ma quello su cui è importante puntare è sull’integrazione tra piccole e grandi imprese e questo è favorito dal modello produttivo della filiera, un sistema composto da aziende di diverse dimensioni che possono valorizzare sia la piccola che la grande azienda, un modello che contribuisce a far crescere le competenze. Spesso invece la piccola impresa resta piccola per incapacità di crescita e perché non fa formazione, o magari perché non sviluppa la capacità di presidiare i passaggi generazionali.

“Se l’Italia ha il più basso numero di laureati d’Europa e tra loro c’è un altissimo numero di ragazzi che non trovano occupazione – ha concluso Gori – è perché il bacino del lavoro non sviluppa una domanda di competenze adeguate alle esigenze odierne. Bisogna avere la lucidità per vedere tutte le cose belle di cui oggi l’artigianato è portatore, ma bisogna anche avere la capacità di riconoscerne i limiti”.

 

“Non si tratta di due modelli contrastanti, ma di modelli che collaborano insieme – ha sottolineato Conca, in accordo con Giambellini che ha ammesso “Spesso tendiamo a chiuderci in noi stessi, ma non possiamo esimerci dal riconoscere anche gli altri”.

 

“Un modello di sviluppo come il nostro ha sempre fatto sostenibilità sociale, – ha ribadito Fumagalli – la stessa storia dell’unita d’Italia è una storia di piccola impresa. Nelle piccole imprese non c’è sottrazione alla competizione, ma se c’è competizione solo sul prezzo di beni con obsolescenza programmata, non siamo accordo. Noi siamo gli inventori della manutenzione, con la capacità di conservare il patrimonio storico. Sono qui, dunque, in difesa di un modello che ha più caratteristiche positive che negative. Ad esempio, è anche grazie all’artigianato se siamo passati dalla produzione standardizzata fordista al massimo della personalizzazione, sebbene anche la grande impresa sia divenuta oggi agilissima. Ma ci sono altri elementi decisivi per mantenere in piedi un sistema fatto di piccola impresa diffusa sul territorio, come la capacità di problem solving, il non accontentarsi di essere contoterzisti, ma metterci quel quid di umano, quell’esperienza che solo noi abbiamo, la cosiddetta “intelligenza del polpastrello”, che continuerà ad essere fondamentale per la competitività”. “Certamente ci sono ambiti di miglioramenti necessari, e alcuni con molti sforzi da fare, – ha concluso Fumagalli – ma mi pare che la forza del territorio condivida questo modello ed è importante rafforzarci, confrontandoci, per confermarlo evolutivamente”.

 

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