Da diverse settimane nel settore dei prodotti in metallo arrivano segnali di aumento dei prezzi delle materie prime, particolarmente dannoso per il sistema delle imprese nella recessione ancora in corso e, nei giorni scorsi, la categoria della Carpenteria meccanica di Confartigianato, presieduta dalla “canturina” Barbara Ramaioli, ha avviato un monitoraggio sul territorio del fenomeno.
L’accelerazione della dinamica dei prezzi è già intercettata dagli indici mensili delle commodities pubblicati del Fondo monetario internazionale. A dicembre 2020 l’indice delle materie prime dei metallo segna un aumento del 37,1% (era +24,7% a novembre); nel dettaglio il minerale di ferro segna un aumento del 68,2% (era 49,0% a novembre), il rame del +27,9% (+20,6% a novembre), lo zinco del +22,3% (+10,1% a novembre) e il nichel del +21,6% (+4,2% a novembre).
Una impennata dei prezzi sui mercati internazionali si riflette con un ‘ritardo statistico’ sui prezzi all’importazione e alla produzione per i quali – le ultime rilevazioni disponibili a novembre 2020 – non si registrano tensioni. Serve del tempo ad uno shock sui prezzi di acquisto delle materie prime per trasmettersi sui listini delle imprese, tanto più in una fase di diffusa debolezza della domanda.
I pesanti effetti della crisi Covid-19 sulle imprese dei metalli – Nei primi dieci mesi del 2020 il fatturato delle imprese della metallurgia e dei prodotti in metallo scende del 15,7%, di oltre due punti più accentuato della riduzione 13,4% rilevato nella media del manifatturiero. Per le micro e piccole imprese del settore – 69 mila imprese con 408 mila addetti – si stimano minori ricavi per 7,1 miliardi di euro nei primi dieci mesi del 2020.
Uno shock sui costi delle materie prime delle MPI – Uno stress da costi in una fase di mercato debole rappresenta un mix velenoso per le imprese, che distrugge valore aggiunto e rallenta la ripresa. Gli effetti sui bilanci delle imprese di questo importante cluster del made in Italy sono rilevanti, considerando che gli acquisti di materie prime pesano per il 44,4% del fatturato.
In una analisi controfattuale che considera il minore volume di attività conseguente alla crisi Covid-19, una durata delle tensioni sui prezzi delle commodities di ampiezza simile al precedente rialzo (2016-2017) e la traslazione sui prezzi all’importazione, si stima una variazione dei prezzi di acquisto del 14,6% in media annuale, che determinerebbe un maggiore costo di materie prime per le micro e piccole imprese del settore per 3,2 miliardi di euro.
Le possibili cause – Sull’improvviso aumento dei prezzi dei metalli possono confluire diversi fattori: aspettative legate all’introduzione dei vaccini, le elezioni americane e la prospettiva di domanda di infrastrutture negli Usa e le attese di ripresa economica mondiale, associate alla straordinaria liquidità immessa da banche centrali per contrastare la recessione conseguente alla pandemia. Sulla trasmissione dell’aumento dei prezzi pesa anche l’apprezzamento dell’euro sul dollaro: a ottobre 2020 l’Italia importa prodotti della metallurgia per 32,9 miliardi di euro (cumulato ultimi dodici mesi) che, a fronte di esportazioni per 29,3 miliardi, contribuiscono ad un saldo negativo del commercio estero per 3,6 miliardi di euro.
Il settore dei metalli, il primo per occupati nell’artigianato manifatturiero – Nel settore interessato dagli acquisti di commodities di metallo vi è una diffusa presenza di imprese artigiane: nella classifica per occupati dell’artigianato dei settori manifatturieri (divisioni Ateco 2007) quello dei prodotti in metallo è il primo, con 193 mila addetti nelle oltre 45 mila imprese artigiane.